UN DIALOGO CON GUILLAUME FAYE – Grégoire Canlorbe – Agosto 2018

In allegato al PDF sottostante e, scorrendo la pagina, in formato di testo, trovate un’interessante intervista a Faye, esponente di spicco dell’identitarismo europeo venuto a mancare di recente. Buona lettura agli interessati

Un DIalogo con Faye – Agosto 2018 – Amren ITA

Guillaume Faye è un filosofo francese noto per il suo paganesimo di destra, il suo richiamo per una federazione Eurosiberiana di etnostati bianchi ed il suo concetto di archeofuturismo, che mescola spiritualità tradizionale e concetti di sovranità con le più recenti scienze e tecnologie. Aveva parlato alle conferenze di American Renaissance nel 2006 e nel 2012 e American Renaissance ha revisionato quattro dei suoi libri: Archeofuturismo, La Colonizzazione dell’Europa, Perché Lottiamo, Sesso e Deragliamento.

Grégoire Canlorbe: Secondo me il liberalismo (libertarianismo, liberi mercati) di domani sarà un liberalismo a metà fra Julius Evola e Filippo Tommaso Marinetti, una riconciliazione che sostanzialmente il Fascismo Italiano non è riuscito a raggiungere. In altre parole, il liberalismo del futuro sarà un liberalismo archeofuturista. Credi che la Francia sia un terreno fertile per questo nuovo liberalismo?

Guillaume Faye: Se si considera la Francia dal punto di vista di Frederic Bastiat, essa è sostanzialmente una nazione comunista. Infatti la Francia oggi è più comunista di quanto l’Unione Sovietica sia mai stata. È uno degli ultimi bastioni del comunismo in un mondo che ora è profondamente liberale. Non solo la spesa governativa rappresenta oltre il 58% del PIL e le spese di redistribuzione oltre il 50% del PIL, ma con una popolazione che rappresenta meno dell’1% della popolazione mondiale, la Francia rappresenta il 15% della redistribuzione del welfare state mondiale. Non credo che la Francia sarà mai una nazione liberale, perché il liberalismo è semplicemente incompatibile con la mentalità Francese. Dall’altro lato, il mondo è sempre più liberale, ma è un liberalismo che fa gravi errori, a cominciare da accordi di libero scambio distorti in favore della Cina. Detto questo, la guerra commerciale lanciata dal presidente Trump mi sembra una cosa molto pericolosa, un potenziale innesco per una nuova crisi economica molto peggiore di quella del 2008. Per quanto riguarda il fascismo, esso è stato un fallimento, anche solo per la sua economia socialista e la sua arroganza bellicosa. Uno può sempre immaginare una versione alternativa del fascismo, con Vilfredo Pareto, Julius Evola o Filippo Tommaso Marinetti come riferimento intellettuale principale, invece di Giovanni Gentile.

Resta sempre il fatto che è impossibile cambiare la storia, e che il Fascismo è per noi solo un mostro socialista del passato. È inutile guardarsi indietro; dobbiamo focalizzarci sul futuro. E come ho cercato di dimostrarlo nel mio libro “Archeofuturismo”, quando il periodo storico del 19simo e del 20simo secolo giungerà alla fine e le sue allucinazioni egalitarie, inclusa una certa versione utopica del liberalismo, esso sarà travolto da una catastrofe e l’umanità tornerà ai suoi valori arcaici, che sono puramente biologici ed umani (ad esempio, antropologici). Questo porterà alla separazione dei ruolo a seconda del genere; la trasmissione delle tradizioni etniche e popolari, la spiritualità e l’organizzazione religiosa; gerarchie visibili e strutturate; il culo degli antenati; riti e testi di iniziazione; la rinascita delle comunità organiche, dalla famiglia al popolo. Significherà la de-individualizzazione del matrimonio in quelle unioni che saranno preoccupazione dell’intera comunità e non solo della coppia sposata; una fine della confusione fra erotismo e vita coniugale; prestigio della casta guerriera; diseguaglianza fra status sociali, diseguaglianza non implicita, che è ingiusta, frustrante e che troviamo oggi nelle utopie egalitarie, ma esplicita ed ideologicamente legittimata. Significherà doveri che siano proporzionati ai diritti, da cui deriverà una giustizia rigorosa che dia ai popoli un senso di responsabilità; una definizione di popoli, e di ogni gruppo o corpo organizzato, come comunità diacroniche di destino invece che masse sincroniche di singoli atomi. In breve, nel grande movimento oscillante della storia che Nietzsche chiamò “l’eterno ritorno dell’identico”, i secoli futuri assisteranno in un modo o nell’altro a un ritorno a questi valori arcaici. La questione per noi Europei è se questi valori ci saranno imposti dall’Islam a causa della nostra codardia, come sta già accadendo, o se siamo in grado di imporceli da soli tirandoli fuori dalla nostra memoria storica. Purtroppo, data la misura in cui i popoli arabo-musulmani hanno già colonizzato il suolo europeo, temo che la loro remigrazione e la liberazione della Francia e del’Europa possano esserci solo alla conclusione di un conflitto estremamente sanguinoso.

Gregoire Canlorbe: Il Rinascimento Italiano è solitamente concepito come una rinascita del Paganesimo nel contesto formale del Cattolicesimo. Eppure, lungi dall’essere esclusivamente pagano, il Rinascimento fu nutrito anche da un profondo interesse per l’ebraismo. Come si spiega questo?

Guillaume Faye: Il Rinascimento Italiano non fu una rinascita del paganesimo, ma un ritorno alle arti e alle tecniche dell’antica Roma. Non solo l’Italia non ha mai smesso di essere pagana nonostante gli enormi sforzi dei preti cattolici, ma il paganesimo greco-latino si è sempre considerato n osmosi con il giudaismo. Quindi, nella tradizione pagana Romana, non c’è mai stato alcun anti-giudaismo; al contrario, gli Ebrei erano gli unici autorizzati a praticare la loro religione, per il sensato motivo che il giudaismo non rappresentava alcuna minaccia politica ai Romani, diversamente dalla religione dei druidi dei Galli, che fu quindi perseguitata da Roma. Due anni fa, uno storico italiano ha pubblicato un libro, “Ponzio Pilato. Un Enigma fra storia e memoria”, in cui si dimostra che il Grande Sinedrio chiese ai Romani di uccidere Cristo perché essi riconoscevano l’imperatore Romano come il loro “re”, non Gesù, che si faceva chiamare “Re dei Giudei”. A loro volta, i romani, che non ebbero alcun problema a soddisfare la richiesta di uccidere Gesù, furono assolutamente felici di notare quanto fossero solidali gli ebrei con l’imperatore che li aveva federati. Per questa ragione in particolare, non vi è mai stata una tradizione di anti-giudaismo in Italia. Tornando al rinascimento, sottoscrivo la tesi del declino sviluppata da Bryan Ward-Perkings, uno storico Inglese vissuto a Roma, che ha scritto nel suo libro “La caduta di Roma e la fine della civilità” che era avvenuta un’importante battuta di arresto in alcune parti dell’impero Romano per quanto riguarda la tecnologia e la produzione artistica a causa delle invasioni germaniche nell’Ovest ed arabe nell’Est. Il rinascimento non è stata una rinascita religiosa del paganesimo; è stata una riscoperta artistica delle tecniche di disegno e scultura dell’Antichità, dal momento che l’Europa era sostanzialmente ritornata all’età del bronzo con la caduta dell’Impero Romano.

Gregoire Canlorbe: Da un punto di vista neopagano come il tuo, perché hai più rispetto per il giudaismo che per il cristianesimo?

Guillaume Faye: mentre il cristianesimo porta con sé e diffonde un certo masochismo morale dell’anima giudaica, non vi è alcuna chiamata alla debolezza e alla sottomissione, né alcun messaggio castrante, nel giudaismo talmudico.

Questa è sostanzialmente la tesi di Friedrich Nietzsche, che denunciò ferocemente il cristianesimo ma che era anche un grande ammiratore della diaspora ebrea ed un grande oppositore dell’antisemitismo. Il “porgi l’altra guancia” non ha niente a che fare con il Talmud. D’altro canto, predicando l’odio socialista per il ricco, o la sottomissione degli europei bianchi autoctoni prima dei colonizzatori nordafricani, africani neri ed asiatici, Papa Francesco si mette in realtà in armonia e non in contraddizione con l’insegnamento del Vangelo. L’attuale devirilizzazione del vecchio mondo cristiano non è altro che il risultato finale della pervasività dei valori giudeocristiani nell’Occidente. Con la stessa moneta, la sfida Prometea posta dalla biotecnologia, un’eugenetica positiva che intervenga direttamente nel genoma per migliorare la genetica, pone un terribile problema: offende le sensibilità che hanno le loro radici nel creazionismo monoteista e nell’antropocentrismo. Ma era da tempo prevista nell’immaginazione arcaica pagana dell’Europa. Non solo l’uomo diventa il creatore di sé stesso, manipolando sé stesso, ma si immerge nell’esistente, come un “oggetto biologico”, come altri animali. Tutto questo si riduce alla morte simultanea dell’antropocentrismo e del deismo metafisico. L’uomo si prende sé stesso, diventa sia un demiurgo, un rivale del divino e, allo stesso tempo, materiale umano malleabile da modellare.

Grégoire Canlorbe: non è insolito pensare all’antirazzismo come ad un’espressione della coscienza duale degli ebrei che predicano cosmopolitismo fra i gentili mentre adottano principi etnonazionalisti per gli ebrei. Alle radici di questo doppio standard, potrebbe esserci il desiderio di proteggere Israele e la comunità Ebraica dagli stati non-ebrei tramite l’indebolimento di questi ultimi dall’interno. Condividi questa visione comune? Ti sembra un’analisi sensata?

Guillaume Faye: con la scusa di combattere il razzismo e la xenofobia, l’antirazzismo promuove un’agenda cosmopolita. Incoraggia la discriminazione a favore degli estranei, la dissoluzione dell’identità Europea, la multirazzialità della società Europea e, alla base, paradossalmente, il razzismo stesso.

 

Come i Verdi, le cui richieste ideologiche non fanno niente per proteggere l’ambiente, ma furtivamente promuovono un’agenta trozkista occulta, gli antirazzisti usano la loro falsa battaglia contro il razzismo per distruggere l’identità Europea in modo che possano portare avanti il globalismo e gli interessi degli estranei. È vero che il popolo ebreo vive in uno stato di contraddizione permanente, in primis ad un livello di autodefinizione. Sono un’entità etcnica, nazionale, razziale o una comunità religiosa? Gli ebrei non sono in grado di rispondere univocamente a queste domande “Chi siamo?”. Comunque la domanda ha una risposta, sembra che il sentimento di appartenenza al giudaismo o allo stato di Israele è più forte nelle classi medie e basse (in Francia), la maggioranza sefarditi, che fra le classi sociali più elevati fra gli ebrei. Questa differenza sta diventando sempre più chiara. Infatti, la religione sembra trovarsi proprio nel cuore del popolo ebraico, ma allo stesso tempo, la religiosità ebraica si dimostra molto debole. Il giudaismo è una religione nel senso etimologico del termine: essa lega (re-ligere) le persone in modo etnocentrico. Ma le relazioni che ha stabilito con il suo Dio sono di natura politica e contrattuale, mantengono le distanze e non c’è misticismo o esoterismo. L’agnosticismo coesiste con il ritualismo. La teologia rabbinica e talmudica rifiuta ogni forma di emotività, perché lo spirito calcolatore analitico del giudaismo è esente dal “romanticismo”. Il giudaismo rifiuta il sacrosanto, nel senso Hindu o Cattolico, e lo considera superstizione; in questo è diverso dall’Islam. L’anima ebrea si trova in uno stato di tensione permanente fra un particolarismo esacerbato ed un sentimento universalista, fra uno spirito da ghetto ed uno spirito conquistatore. Quindi, il desiderio di essere si accompagna con il desiderio di dominare e sentirsi sicuro. In linea con il sacrificio di Abramo, nella coscienza dell’anima ebrea, le persecuzioni avvenute durante la sua storia, di cui la Shoah costituisce il coronamento metavisico, il popolo ebraico diventa sacrificale e divino, un simbolo dell’uomo che soffre. Questa sindrome è molto antica, quindi Cristo non è più ad un livello individuale ma una ripetizione del martirio del popolo di Israele, un emblema sacrificale per salvare tutta l’umanità.

 

 

Da qui ha origine una serie di caratteristiche contradditorie: la ricerca della pace e della sicurezza ma il lamentarsi di essere odiati; l’aspirare al dominio e ad un fiero riconoscimento di intrinseca superiorità ma, dall’altro lato, l’adozione di un immagine di piccolo popolo minacciato di continuo. Questo corrisponde anche alla doppia attrattività della diaspora internazionale e dell’idea Sionista di ritornare ad una patria, una patria sacrificale e inalienabile; anche all’interno del Sionismo c’è un’opposizione fra l’idea di “ebraicità pura” di Eretz Israel ed un concetto più aperto di Stato Ebraico laico. Queste contraddizioni non rappresentano necessariamente dei fattori ostativi. Al contrario, essi fanno nascere un’energia unica e febbrile in questa piccola popolazione. Il popolo ebraico ha le sue radici profonde nella sua storia nel particolarismo delle sue origini semitiche e, dall’altro lato, all’interno della storia della civiltà bianca europea. Gli ebrei sono stato in grado di influenzare l’Occidente grazie al potere del loro genio mitologico e anche grazie alla loro intelligenza, molto più neocorticale che limbica. Sono diventati una piccola minoranza in grado di svolgere un ruolo ben al di sopra dei loro numeri. Tornando all’antirazzismo prodotto da alcuni intellettuali moderni ebrei, bisogna capire che questi agenti del multiculturalismo, Jacques Attali, Bernard-Henri Lévy, o Dominique Strauss-Kahn, sono sostanzialmente i cosiddetti “Ebrei di Corte”. Oltre ad essere bene o male sradicati, si interessano ben poco dell’eredità ebraica da cui provengono, al punto tale che non avrebbero problemi a servire un governo musulmano in una Francia islamizzata. La loro battaglia per la propaganda del multiculturalismo in Francia ed in altri stati non-ebrei non hanno niente a che vedere con il desiderio di proteggere Israele. Stanno distillando il veleno del multiculturalismo in modo che persino la loro stessa omogeneità etnica sia erosa e che la popolazione autoctona venga devirilizzata. La verità è che fra gli intellettuali ebrei, quelli che supportano il multiculturalismo lo supportano tanto in Israele quanto in Francia, Germania, UK o USA, per non dire che la maggior parte di loro è apertamente antisionista. Già, un errore analitico grave in parte degli autori antisemiti, in particolare Kevin B. Macdonald, è stato concentrarsi sui tratti psicologici dei movimenti intellettuali ebrei in favore dei multiculturalismo e confonderli con i modelli comportamentali e modi di pensare del popolo ebraico.

Mentre l’influenza degli “ebrei di corte” è costantemente diminuita in Occidente, una percentuale crescente di “ebrei ordinari” sta adesso rigettando l’antirazzismo e il multiculturalismo, in parte come reazione all’invasione arabo-musulmana.

Grégoire Canlorbe: per affrontare il problema della colonizzazione del suolo europeo da parte di razze estranee suggerisci che, invece di ritornare al modello del 19-simo secolo di stati-nazione centralizzati, che degenerò nel multiculturalismo, dovremmo promuovere la nascita di un’Europa imperiale ed etnicamente omogenea. Puoi spiegare questa tua visione?

Guillaume Faye: non si può negare che il nazionalismo e le ideologie xenofobe che emersero nel 19-simo secolo furono pesantemente responsabili delle due Guerre Mondiali e del deterioramento storico dell’Europa. Ovunque, dalla Francia alla Polonia, dalla Germania all’UK e dalla Russia ai Balcani, hanno continuato ad essere il motivo trainante degli scontri fra Europei; quindi hanno portato all’indebolimento dell’Europa di fronte ai popoli Africani e Asiatici che ci stanno gradualmente colonizzando, mentre l’islam cerca di conquistare l’Occidente. Da un altro punto di vista, l’Europa fornirebbe una cornice ideale entro cui costruire un impero, poiché includerebbe tutti gli Europei, nella loro diversità e nella loro unità. Per questo, il radicamento in un’identità nazionale o regionale deve riflettere un più forte senso di appartenenza Europeo e non un ritorno ai nazionalismi del 19-simo secolo. È incoraggiante vedere che, nel progettare la loro futura indipendenza, diversi separatisti Corsi, Bretoni, Fiamminghi e Lombardi hanno capito che la loro libertà futura potrà essere raggiunta solo in un contesto federale e imperiale. Uno dei primi ad aver prodotto il disastroso nazionalismo fra Europei alla fine del 18-simo secolo è stato il linguista prussiano Johann Gottfried Herder, che si era ribellato contro l’uso del Francese da parte delle elites europee e che ha inventato il concetto incerto di “Sprache und Boden” (lingua e suolo), secondo cui ogni “nazione” doveva parlare solo “la sua” lingua. I linguisti nazionalisti germanofoni furono il virus che ha avvelenato tutta l’Europa, ovviamente insieme al giacobinismo francese cosmopolita e all’imperialismo britannico marittimo. L’idea che ogni stato-nazione dovesse avere soltanto la sua lingua esclusiva raggiunse il 19-simo secolo, in cui gli stati-nazione europei venivano formati sul modello della Rivoluzione Francese.

Questo portò la Repubblica Francese a proibire l’uso delle lingue locali sia nelle sue colonie che nelle sue province, a beneficio dell’unica lingua francese. In opposizione con l’idea stessa di un impero in cui le identità sono diffuse in modo non uniforme, i governi iniziarono a considerare l’Europa come una giustapposizione di nazioni dai confini meccanicamente definiti le cui lingue e culture non si estendevano oltre i loro confini. Ogni stato nazione ha iniziato a ricostruire il suo passato e la sua storia in un modo mitologico. Per quanto cosmopolita ed universalista possa essere, la Francia ha inventato il suo passato Celtico, in senso Gallico ed anti-Germanico, rivendicando di essere illuminati e mentalmente fini, al contrario dei popoli barbari e tribali oltre il Reno. Nei regimi successivi, i governi tedeschi si sforzarono di “de-romanizzarsi” usando tutti i mezzi possibili per costruire una mitologia germanica composta di un mix incredibilmente confusionario di leggende Nordiche ed elementi medievali del Sacro Romano Impero. Intanto, lo stato italiano si dichiarava erede dei Cesari. Lo stato Belga inventò ogni sorta di ridicola legittimazione per soddisfare le sue esigenze. E così via. È il nazionalismo francese che ha causato il disastro finale dal 1914 e il 1918, ovvero l’arrivo di truppe coloniali dall’Africa e dall’Asia, supportata dall’esercito USA, per combattere i propri simili Europei contro cui la Francia era in guerra. La solidarietà etnica Europea era distrutta. Francesco I (o la Francia) aveva già preso lo stesso abbaglio quando si era alleato con l’Ottomano Suleiman il Magnifico contro l’Austria. Il sogno coloniale Francese formulato negli anni ’30, quello di una Francia che aveva 100 milioni di abitanti e che stava abbandonando la sua composizione antropologica Europea per necessità, una Francia che avrebbe sconfitto la Germania, rappresenta un altro fattore che contribuì all’indebolimento dell’Identità Europea. Oggi stiamo pagando un prezzo elevato per la dottrina francese colonialista e “civilizzatrice” del 19-simo secoli, che aiutò a diffondersi e a rafforzarsi uno stupido e modaiolo nazionalismo francese contro i popoli europei vicini mentre venivano approfonditi i legami con le nazioni d’oltremare. Diversamente dal modello centralista di stato nazione del 19simo secolo, il modello imperiale ammette una sovrapposizione delle varie comunità che si ottiene in modo naturale e non meccanicamente amministrativo.

Le comunità possono avere libertà garantite e regolate da leggi particolare sotto il comando di uno stato forte ma decentralizzato. Questa concezione aiuta a difendere l’identità etnica dei popolo Europei, ma aiuta anche contro l’attuale colonizzazione dell’Europa per mano del Terzo Mondo e contro il centralismo degli stati-nazione che eradicano ogni particolarismo, oltre a proclamare una nazionalità multirazziale che nega l’identità europea. La visione è di tipo plurale, e rimane ancora ancorata alle radici etniche. L’impero non è uno “stato-nazione” sia cosmopolita che centralizzato, ma un insieme di nazioni libere legate da vincoli etnici, culturali e storici, federati in un grande impero continentale. In questo senso, l’impero è una federazione decentralizzata, fornita di un forte potere centrale ristretto esclusivamente a certi aspetti e regolato secondo il principio di sussidiarietà: in quanto tale, questo potere riguarda la politica estera, il controllo dei confini, le regole generali economiche ed ecologiche, ecc. Il principio imperiale non è quello dell’omogeneizzazione; le sue varie componenti sono autonome e possono essere organizzate in modi diversi, secondo le loro politiche interne (che riguardano la giustizia, le istituzioni, l’autonomia fiscale, l’istruzione, la lingua, la cultura, ecc). L’impero mantiene l’unità d’insieme ed il suo progetto generale di civiltà, ma non va visto come un’associazione confederata fluida, totalmente eterogenea ed aperta al mondo intero. Una disciplina globale è necessaria, per permearlo in una direzione chiara ed univoca. In questo senso, l’attuale Unione Europea, questo aggregato amministrativo senza volontà, è lontano dal rappresentare l’idea Europea imperiale. Le componenti nazionali (o regionali) dell’impero avrebbero una sorta di “libertà vigilata” che accetti le “grandi politiche” nel loro insieme e la sovranità del suo potere centrale, ma questo potere, in cambio, concederebbe loro di preservare le identità specifiche, accettando che ogni nazione o regione, conservando la sua libertà, ha il diritto di lasciare la Federazione in qualunque momento. Per realizzare un futuro “impero eurosiberiano” che includa la Russia, gli Europei dovranno decidere se la federazione sarà basata sugli stati-nazione o sulle regioni storiche.  Ma qualunque sia la risposta, l’idea di una Federazione Imperiale sembra, alla fine, l’unica via per salvare l’Europa.

 

Grégoire Canlorbe: Parlando d’impero, pensi che il piccolo stato archeofuturista che è Israele possa un giorno costruire un impero nel Medio Oriente, una federazione basata sulla Pax Ebraica e che sottometta le nazioni arabo-islamiche sotto la tutela di Gerusalemme?

Guillaume Faye: L’archeofuturismo consiste nel ritorno ai comportamenti ancestrali come guerra e territorialità, unendoli però con le ultime innovazioni scientifiche e tecnologiche. Consiste anche nella riproduzione del passato ancestrale nei tempi attuali. Quindi Israele è totalmente archeofuturista, dal momento che è emerso come un revival moderno dei regni Ebraici dell’Antico Testamento, e si è affermato sia come uno stato militare che come un pioniere nelle tecnoscienze. La Cina, che si adopera esplicitamente per ricostruire il suo impero di un tempo mentre si impone come potenza tecnologica, è un altro stato archeofuturista. Per quanto riguarda la possibilità di un impero Ebraico che emerga in Medio Oriente, credo che Israele è troppo debole economicamente e militarmente per continuare la sua espansione territoriale. Anche se Israele, dove la quota di ingegneri sul totale della popolazione è la più alta al mondo, è senza dubbio diventata una potenza tecnologica, non è riuscita a combattere la povertà. La classe media non è abbastanza sviluppata. Inoltre, Israele ha due problemi: in primis, a presenza degli ebrei ultra-ortodossi che non mostrano alcun interesse nella scienza e nella tecnologia; ad essi interessa solo lo studio del Talmud; in secondo luogo, l’alto tasso di natalità della popolazione arabo-musulmana, sia all’interno che all’esterno dei confini di Israele.

Grégoire Canlorbe: Nell’Europa Occidentale e nell’America del nord, lo sviluppo del capitalismo e delle istituzioni democratiche, innanzitutto il suffragio universale, è stato accompagnato dall’emergenza di quella che Vilfredo Pareto chiamava la religione umanitaria-democratica. In altre parole, le convinzioni politiche sulla forma di governo, oltre alle convinzioni materiali di come uno dovrebbe vivere, hanno subito un’evoluzione che è andata di pari passo con quella delle convinzioni cosmologiche secondo le quali dovremmo vivere.

 

Vilfredo Pareto ha riassunto così la religione umanitaria democratica: un “peccato morboso” che porta il nome di umanitarismo; disprezzo per gli onesti lavoratori (in senso ampio), sovversione della giustizia a beneficio di assassini, ladri e parassiti, un culto della redistribuzione ed assistenzialismo che culmina nel socialismo; e infine, a tolleranza e l’approvazione dei “costumi delle donne cattive”, chiamato “femminismo hard”. Comunque il destino dei pionieri della democrazia Occidentale non sembrava universalista: sembra che sia possibile avere la democrazia (a un livello strettamente politico) senza la religione umanitaria democratica. Infatti, la Russia, ma anche le nazioni dell’Europa Orientale, la Thailandia, l’India o Israele, non sono interessate alla secolarizzazione che ha permesso alla democrazia di prendere il posto della religione, di diventare una nuova religione. Hanno mantenuto le loro convinzioni cosmologiche tradizionali mentre modificavano le loro convinzioni politiche e materiali, questo bisogna dirlo, in direzione della democrazia e del capitalismo.

Grégoire Canlorbe: come spieghi questi percorsi differenti?

Guillaume Faye: questi tre sintomi portano ad un processo di devirilizzazione, intesa come il declino dei valori del coraggio e della virilità per abbracciare il femminismo, la xenofilia, l’omofilia e i valori umanitari. L’ideologia dominante Occidentale, che Vilfredo Pareto ha chiamato la religione democratica umanitaria, promuove questa devirilizzazione degli Europei, sebbene non tocchi i colonizzatori estranei. L’omofilia, come la fascinazione femminista della falsa liberazione, il rigetto ideologico delle famiglie allargate per il bene delle coppie instabili, il declino del tasso di natalità, la preferenza dei fotografi per gli Africani e gli Arabi, la giustificazione costante per la mescolanza razziale, la denigrazione dei valori guerrieri, l’odio di qualunque forma di estetica forte e potente, così come la prevalente mancanza di coraggio, sono alcune delle caratteristiche attuali di questa devirilizzazione.  Confrontata con la virilità conquistatrice Islamica, l’Europeo si sente moralmente disarmato e confuso. La concezione prevalente del mondo, che derivi dalla legge, dall’istruzione pubblica, dalla Chiesa o dai media, è sempre pronta a stigmatizzare ogni nozione di virilità, che è associata alla “brutalità fascista”.

La devirilizzazione è diventato un segno di civiltà, di costumi raffinati, il che è paradossale in una società di cui una buona metà sta sprofondando nella violenza e nel primitivismo. La devirilizzazione è legata all’individualismo narcisista e alla perdita dell’identità di comunità, che paralizza ogni reazione agli assalti dei colonizzatori immigrati e delle forze collaborazioniste. Questo spiega la repressione molto soft della delinquenza immigrata, l’assenza di solidarietà etnica europea ed i timori patologici che perseguitano gli Europei. Per quanto ne so, la Russia è una nazione davvero democratica, in ogni caso molto più democratica della Francia, in cui le persone sono sollecitate ad esprimere le loro opinioni su argomenti insignificanti ma mai su questioni come il ricongiungimento familiare o il numero di immigrati da accettare in un dato anno. Alcuni mesi fa, il presidente Putin è stato ri-eletto con oltre il 70% dei voti, diversamente da Emmanuel Macron nel primo round delle elezioni presidenziali del 2017. Per comprendere come la Russa, che credo sia molto più democratica di qualunque nazione Europea Occidentale, ha fatto ad adottare la democrazia ad un livello strettamente politico evitando la “religione democratica umanitaria” bisogna dire, in primis, che il comunismo Sovietico erha ostacolato il virus della rivoluzione Francese. Si è rivelato un baluardo contro le concezioni multiculturaliste, umanitarie e femministe derivanti dal 1789. Un altro fattore da considerare è la tradizione religiosa della Russia. In qualche modo, la Russia e le nazioni dell’Europa Orientale hanno evitato l’influenza del masochismo morale del cristianesimo, a causa dello scisma fra la Chiesa Cattolica e la Chiesa Ortodossa, che ha portato quest’ultima a rigettare i discorsi cosmopoliti e devirilizzanti della prima. È per questo che le nazioni la cui tradizione religiosa è diversa da quella cattolica, inclusa la Russia slavo-Ortodossa, ma anche ad esempio la Thailandia Buddhista, sono state in grado di democratizzarsi dal punto di vista politico senza che il virus democratico umanitario contaminasse quello che chiamiamo le loro “convinzioni cosmologiche”.

 

 

Grégoire Canlorbe: La lotta di classe fra lavoro e capitale è stata descritta da Vilfredo Pareto e soprattutto da Piero Gobetti come uno scontro interno al capitalismo: uno strumento infallibile per serrare i ranghi fra le elites industriali. Come giudichi questa idea?

Guillaume Faye: Infatti la forma predominante della lotta di classe oggi non è più la lotta fra capitalisti e proletari, ma quella che mette in contrasto gli immigrati e la classe media borghese urbana, il cui rappresentante principale è Macron, con la popolazione nativa ordinaria. La lotta fra lavoro e capitale, nel senso di rimodellamento della borghesia con elementi della classe proletaria, è certamente stata un motore per il capitalismo, ma questo è solo un caso particolare del ruolo fondamentale giocato dalla lotta di classe in qualunque società o sistema economico. La circolazione delle elites era una costante nella storia dei Romani. A patto che essa prenda luogo in un certo modo, e che questo avvenga all’interno della stessa razza, un popolo biologicamente omogeneo, la lotta di classe è qualcosa di estremamente positivo. Quando essa cessa, si ha un’anestesia generale: ognuno inizia a comportarsi come un impiegato pubblico e ad indulgere nella pigrizia invece di cercare di guadagnare soldi e crescere dal punto di vista sociale. Questa mentalità è tristemente diventata quella dei francesi, che non vogliono, a causa dela pigrizia, fare tanti soldi, non sono neanche gelosi dei loro vicini se guadagnano più di loro. Questo è egalitarismo in tutto il suo splendore, avere il minimo per vivere e fare il meno possibile, mettendosi a scioperare più spesso possibile…

Grégoire Canlorbe: Secondo me ci sono due Americhe. Da un lato, l’America puritana e materialista che diluisce l’individuo in un conformista, centrata su moralità religiosa e comodità materiale; dall’altro lato, un’America combattiva che celebra la sensibilità eroica e la volontà di potenza. Mentre quest’ultima è l’America di Trump, la prima è l’America di Obama. Condividi questa rappresentazione?

Guillaume Faye: La distinzione fra un’America individualista e bellicosa ed una conformista e materialista mi sembra quella più rilevante. In ogni caso, direi che Trump rappresenta più che altro un mix fra queste due versioni dell’America.

Mentre Barack Obama era un delegato del Terzo Mondo ed un complice dell’Islam, Donald Trump rappresenta l’America, specialmente quella popolare ed imprenditoriale, in tutta la sua complessità e le sue contraddizioni.

Grégoire Canlorbe: C’è qualcosa che vorresti aggiungere?

Guillaume Faye: Con i suoi imminenti scontri fra grandi blocchi etnici, il 21-simo secolo sarà in realtà forse ancora più combattuto e violento del 20-simo, a causa, e non nonostante, la globalizzazione! Su un pianeta sovrappopolato, soggetto a pericoli sempre maggiori, non vediamo arrivare la fine della storia che porterà ad un unico stato mondiale progressista e democratico, ma, al contrario, un’intensificazione della storia; la competizione dei popoli risponderà agli imperativi della selezione e la lotta per la vita diventerà sempre più disperata.

 

Malcolm X sugli Ebrei

Sono gli ebrei! Proprio qui ad Harlem gestiscono questi negozi di whisky dove vi sbronzate. Sono gli ebrei che gestiscono questi negozi fatiscenti che vi vendono cibo scadente. Sono gli ebrei che controllano l’economia di Harlem e la usano per i loro interessi e per quelli di Israele. E sono diventati abbastanza stupidi da girare da queste parti, entrare a far parte di qualche NAACP (Associazione nazionale per la promozione delle persone di colore, ndt) o CORE (Congresso per l’Eguaglianza Razziale, ndt) e pensare che saremo ciechi di fronte a quello che ci stanno facendo. No, è meglio che qualcuno tolga loro la maschera. È meglio che qualcuno tolga loro la maschera, prima che iniziate a staccare qualche testa. Non è antisemitismo, è semplicemente intelligenza. E questi ebrei hanno il coraggio di girare qui e vogliono che tu pianga per loro; lasciamo che siano loro a piangere per sé stessi. A riguardo ho fatto una dichiarazione sul fatto che gli ebrei controllino circa l’80% delle attività economiche nella maggior parte delle comunità afroamericane della nazione. Sul fatto che gli ebrei sono quelli che ci stanno derubando e sfruttando, qui ad Harlem e in tutta la nazione. Gli ebrei credono nella censura più di chiunque altro, puoi iniziare a parlare degli ebrei e tutti i giornali ti chiuderanno le porte in faccia.

Fonte: https://www.facebook.com/watch/?v=653809665442000

Proposte massimaliste per una riapertura totale e per il recupero delle nostre sacre libertà personali.

Proposte massimaliste per una riapertura totale e per il recupero delle nostre sacre libertà personali.

1. No al lockdown, nè parziale nè totale. Gli effetti del lockdown sono peggiori del male per quanto riguarda libertà personale, economia/lavoro e salute mentale. Chi vuole chiudere la sua attività o limitare e contingentare gli ingressi nei posti di sua proprietà o che gestisce può farlo in piena coscienza, ma senza costringere gli altri a farlo.

2. Immediata riapertura di tutte le attività e di tutte le scuole, di ogni ordine e grado, senza alcun obbligo per quanto riguarda numero massimo di ingressi e uso dei DPI. Ogni attività, in piena coscienza, deciderà le sue regole per prevenire il contagio di chi vi si reca volontariamente.

3. Nessun lockdown, nessun sussidio con i soldi delle nostre tasse; blocco totale delle tasse. Non “rinvio” o “sospensione”, ma proprio blocco. Non vogliamo i vostri sussidi, vogliamo la nostra libertà. Blocco delle tasse per tutti, attività che decidono di aprire completamente, in senso contingentato o di chiudere. Blocco delle tasse anche per gli individui privati che, in questo periodo di crisi causata dai decreti governativi, hanno bisogno dei loro soldi più di prima. Filantropi privati sono liberi di fare raccolte fondi in favore di finanziamento ospedali pubblici, privati o di ricerca medica in tal senso. Nessuno è costretto a partecipare alla raccolta fondi, ma da essa si vedrà quanto sono davvero filantropi questi “restacasisti”. Se lo stato vuole proporre sussidi non deve farlo mantenendo o addirittura alzando le tasse, ma tagliando sè stesso, tagliando la propria spesa, tagliando i fondi ad attività caricaturali come l’uso dei droni per sgamare chi pranza sul tetto a pasquetta e l’impiego massivo di sbirri per osservare ed inseguire chi corre da solo.

4. Trasparenza, informazione e libera scelta.
Nessuno deve essere isolato per decreto, nè bambini nè centenari. Quarantena ed isolamento esclusivamente per i malati certificati e solo per il periodo strettamente necessario alle cure. Campagne massive di informazioni, trasparenti al 100%, in cui venga spiegato il rischio concreto di contagio e di morte per le diverse categorie anagrafiche e classi di rischio (anziani, immunodepressi ecc). Ognuno, in base alla categoria alla quale ritiene di appartenere, sarà libero di correre il rischio che ritiene accettabile correre. La libertà personale non è in vendita.

5. Potenziamento delle strutture sanitarie e protocollo di cura domestico
Occorre in maniera rapida ed efficiente potenziare il più possibile le strutture sanitarie, pubbliche e private, nonchè lasciare libera iniziativa a quei privati che volessero creare posti letto nelle loro proprietà o in aree attrezzate e gestite grazie ai loro investimenti e/o ai soldi raccolti tramite fund-raising di cui al punto 3, senza l’ipertrofia statalista che pretenda di avere il monopolio della cura dei malati, coi risultati catastrofici sotto gli occhi di tutti.
Tenere in ospedale esclusivamente chi ha bisogno di assistenza medica, ovvero chi ha sintomi gravi. Sorveglianza domiciliare o in altre strutture se non possibile (stanze singole di alberghi ad esempio) in caso di sintomi lievi. Non ha senso che gente con tosse e 37.5 di febbre o sintomi lievi occupi posti letto in ospedale togliendone, potenzialmente, a chi ne ha bisogno.

6. Test sierologici
I test sierologici servono per capire non solo chi abbia l’infezione in atto ma anche chi l’abbia già avuta. Non è pensabile che la sanità pubblica possa accentrare e monopolizzare l’esecuzione di questi test, altrimenti termineremo di fare uno screening della popolazione italiana quando il virus non ci sarà più. Occorre che il Governo abiliti i laboratori di analisi autorizzati sul territorio nazionale ad effettuare questo esame, soprattutto privatamente. Questi test dovranno essere esclusivamente su base volontaria, ovvero i cittadini che lo richiedessero devono avere il diritto di farlo, quelli che non lo richiedono non devono in alcun modo essere costretti.

7. No all’utilizzo del D.P.C.M. per limitare le libertà individuali
Abolizione completa di questi infami strumenti liberticidi e di qualunque altro strumento statale o regionale analogo (es. ordinanze di regioni, comuni e/o prefetti). La libertà individuale non è un valore negoziabile. Le uniche limitazioni possibili devono riguardare i contagiati accertati. Nessuno è contagiato fino a prova contraria. Riapertura immediata delle frontiere interne ed esterne per tutti i soggetti cittadini italiani o cittadini di stati UE, Schengen o di stati che hanno accordi di libera circolazione con la rep. italiana. Liberi tutti liberi subito.

 

Querela/denuncia di Orazio Fergnani (Albamediterranea) contro Conte, Gualtieri ed altri per la gestione dell’emergenza coronavirus- testo integrale

 

In allegato al link sottostante la denuncia/querela di Orazio Fergnani (Albamediterranea) contro vari componenti di governo ed istituzioni. Buona lettura agli interessati

querela Orazio Fergnani – Albamediterranea