Riforma della prescrizione: intervento illogico e inutile (fonte: Altalex, autore: Luca Lorenzo)

Tra le varie opzioni d’intervento di riforma nel settore giustizia allo studio dal Guardasigilli figura quella della sospensione della decorrenza del termine di prescrizione dopo che sia stata emessa una sentenza di primo grado.

A detta del Guardasigilli il decorso della prescrizione causa ogni anno l’estinzione di decine di migliaia di processi, vanificando così il lavoro svolto in sede di indagine e durante i vari gradi processuali, causando sostanzialmente uno spreco di risorse, oltre che una via d’uscita per chi ha commesso reati gravissimi.

La montagna ha quindi partorito il topolino.

Appare innegabile che lo Stato deve farsi carico del principio della ragionevole durata del processo senza comprimere i diritti e le garanzie del cittadino, ed al pari deve assicurare la celebrazione dei processi in tempi brevi e ragionevoli, e farsi altresì garante della certezza della pena.

Il rigore punitivo a discapito dei principi del garantismo liberale mal si concilia con gli stessi principi costituzionali, rimediare alla lentezza dei processi con l’allungamento ipertrofico della prescrizione ha come effetto il rischio a carico del cittadino di vivere sotto la spada di Damocle di un processo interminabile.

La prescrizione è certamente un istituto di garanzia per il sistema, poiché non solo non ha senso condannare oggi per fatti di vent’anni fa, ma viene meno la stessa funzione rieducativa della pena prevista dalla costituzione.

L’unica conquista di civiltà giuridica, per colpevoli ed innocenti, viceversa, consisterebbe nel prevedere tempi ragionevoli di celebrazione dei processi.

Dai dati ministeriali il 58 percento delle estinzioni per prescrizione avviene nella fase preliminare del giudizio, e quindi nel pieno controllo del pubblico ministero, un ulteriore 4 percento delle sentenze dichiaranti l’avvenuta prescrizione sono emesse da gip e gup, e quindi ben prima che una possibile incidenza della paventata riforma potrebbe avere effetto, così come un 19 percento di casi in primo grado, mentre solo nel 18 percento dei casi la prescrizione si matura in Appello, e una volta su cento la prescrizione in Cassazione.

L’intervento annunciato da Bonafede è pertanto non solo illogico contrario ai principi del garantismo liberale, ma, dati alla mano, anche inutile e per nulla risolutivo.

Il rischio è, viceversa, quello di dilatare in maniera irragionevole la durata dei processi penali, e ciò in violazione dei principi di civiltà e di diritto presenti sia nell’ordinamento comunitario che nella Carta Costituzionale in tema di durata del processo.

Ciò dovrebbe imporre, in ottemperanza alla piena osservanza dei canoni del giusto processo di trovare in sé gli strumenti e le risorse per assicurare alla giustizia, in tempi ragionevoli e certi, chi si sia reso responsabile di condotte penalmente rilevanti.

La dilatazione dei tempi di prescrizione invece va di pari passo con la dilatazione smisurata dei tempi del processo, è inaccettabile far ricadere le lungaggini e le inefficienze della macchina giudiziaria sul cittadino – presunto innocente – esponendolo sine die alla pretesa punitiva.

Sulla scorta di tali considerazioni, al fine di raggiungere un giusto compromesso tra le garanzie individuali e l’esigenza statuale di disporre di un termine congruo per la celebrazione dei tre gradi di giudizio, potrebbe essere un primo passo rendere effettivamente deflattiva la funzione dell’udienza gup, destinata (almeno originariamente nelle intenzioni del legislatore) a selezionare ciò che meriti effettivamente la trattazione dibattimentale, mediante una rivisitazione delle condizioni che meritano il rinvio a giudizio e contestualmente aprire un dibattito sulla rimodulazione dei riti alternativi.

Inoltre si impone una riflessione, nell’ambito di una riforma comunque organica e non meramente estemporanea, su un ritorno al regime ante-Cirielli, come più volte segnalato genesi della crisi delle norme sulla prescrizione, al fine di un più equo riallineamento dei termini di prescrizione rispetto alla effettiva gravità del reato in contestazione, eliminando l’attuale rapporto tra recidiva e prescrizione, ennesima fonte di distorsione del sistema.